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lunedì 7 maggio 2012

Europa in bilico

La reazione dei mercati finanziari all’esito delle elezioni di Francia e soprattutto di Grecia sarà violenta, sia sugli spread che sugli indici.
Il rischio di non governabilità della Grecia, i cui aiuti sono condizionati all’impegno dell’adozione delle misure di risanamento imposte dalla Troika, l’incertezza sul futuro ruolo della Francia di Francois Hollande in un’Europa fino ad ora dominata dalla linea d’austerità della Germania, cui si aggiungono i recenti dati giunti dagli Stati Uniti di ripresa solo fittizia, fondata sul castello fantastico dell’effetto droga della Fed, scatenerà l’ira dei mercati.
Per l’Europa è il momento della verità: dell’unità o della divisione definitiva. Vedremo se saprà essere all'altezza del suo ruolo nel mondo, o se come sembra, ne è priva, avendo dimenticato d' essere il faro mondiale della civiltà, il modello assurto a simbolo ammirato per la capacità di aver saputo costruire pace e prosperità sulle rovine della guerra più devastante della storia. 
Assorbiti come sono nel loro quotidiano gli europei non hanno piena consapevolezza di questo loro ruolo, complice l'assenza di veri leader capaci di autentiche lungimiranti visioni del futuro, in grado di trascinare i cuori e le menti.
E' giunto il momento della verità, d'ora im poi si capirà se il Continente dei continenti merita la considerazione di cui gode in virtù della sua millenaria storia, o se ha smarrito se stesso, riducendosi a un'accozzaglia di Paesi uniti solo dall'egoismo commerciale.

La speranza di svolta e salvezza dell’Europa potrebbe essere Hollande, eletto pur non essendo riuscito a emozionare gli elettori, soprannominato "Flanby" - dal nome della marca di un budino al caramello-  ma le cui circostanze della sua candidatura (Strauss Kahn eliminato dallo scandalo di New York) somigliano molto alla “sincronicità” degli eventi non accaduti per caso. Potrebbe essere la rivelazione, colui il quale può imprimere una svolta alla storia,  capace di “tradurre in logica tedesca” l’estrema necessità di abbandonare le politiche di austerità responsabili dell’avvitamento della crisi, con una recessione ogni giorno più vicina alla catastrofe, che trascinerebbe il mondo intero in una nuova grande depressione.
Profetiche potrebbero essere le sue parole in un'intervista:"capita tutto in un istante, vieni eletto, un attimo dopo incarni la Francia. E tutto cambia".

.                                                                                        Enzo Picard

venerdì 4 maggio 2012

PRIVATIZZAZIONI -ATTO FINALE DELLA CRISI -

Questa crisi non è il regno dell’ignoto. E’ il copione già scritto con un finale già noto.  La storia di un Paese dall’anima smarrita che nella corruzione e nell’autoinganno  ha dissipato il benessere di cui ha goduto. Che si appresta adesso a mettere in scena l’ultimo atto, quello in cui giocando l’ultima carta che gli resta, consegnerà de facto i suoi cittadini a un lungo periodo di povertà e sottosviluppo, certamente oscuro.

Privatizzazioni e dismissioni. Sono le due parole che tra qualche tempo, dopo la ribalta dello spread, della crescita e della spending review, saliranno sul trono della comunicazione  mediatica, riempiendo lo squallido dibattito di una nazione che si dimena invano nelle pastoie di una crisi di cui non riesce a trovare il filo.
Erano state tirate in ballo già negli anni 90. Allora come oggi saranno l’atto conclusivo e “necessario” , per forza predatorio, ultima spiaggia di un debito pubblico fuori controllo. Con una grande differenza, tuttavia.
I vecchi protagonisti di quegli anni, saranno sostituiti dai nuovi e più pericolosi attori: i cosiddetti re dei mercati globali. Tra loro i fondi sovrani cinesi, primi fra tutti.

PRIVATIZZAZIONI ANNI 90
Per un’idea di come sono avvenute le privatizzazioni in Italia in quegli anni, basta osservare i casi di Telecom o Autostrade.
Entrambe società dotate di infrastrutture (la rete telefonica  e quella autostradale) la cui realizzazione aveva richiesto l’impiego di ingentissime risorse, grandi investimenti che solo uno Stato con un lunghissimo orizzonte temporale può pianificare, ricorrendo anche al debito. Debito positivo, destinato a infrastrutture importanti che nel tempo favoriscono lo sviluppo economico.
Così ce le descrive Nino Lo Bianco, uno dei consulenti d’impresa più famosi d’Italia, nel suo libro “Volevo fare il consulente”, edito dal Sole 24ore:
“la Fiat che, con appena lo 0,60% del capitale, si ritrovò sul ponte di comando della Telecom da dove uscì poco dopo con una plusvalenza miliardaria … poi ha continuato a essere comprata e venduta, da Roberto Colaninno e Marco Tronchetti Provera, fino a Telco, sempre e solo attraverso la leva del debito. Con un bilancio disastroso, se lo misuriamo con il parametro degli interessi nazionali: mentre in Paesi europei come Francia, Germania e Spagna, nella telefonia, si sono costruiti dei campioni internazionali in grado di essere competitivi sui mercati e di produrre dividendi eccellenti, in Italia la navicella Telecom arranca nel mare aperto della telefonia in continua evoluzione”.

Vere e proprie operazioni speculative realizzate senza mezzi propri, lucrando sul valore di opere precedentemente  compiute con i soldi dei contribuenti, con la connivenza dello stesso Stato e delle banche che hanno finanziato le operazioni.
Il caso Autostrade è sotto gli occhi di tutti con un monopolista privato e le tariffe più care d’Europa.

LE PROSSIME PRIVATIZZAZIONI
Data la drammatica situazione delle nostre banche, questa volta le privatizzazioni e le dismissioni del patrimonio dello Stato non potranno prescindere dai grandi soggetti finanziari globali, ricchi di liquidità, pronti a rilevare quanto di meglio sul mercato.
Sono stati numerosi in questi mesi gli incontri del Presidente del Consiglio con esponenti delle varie comunità finanziarie in giro per il mondo e uno merita un'attenzione particolare.

China investment corporation (Cic)
Il 26 aprile scorso, poco tempo dopo la visita di Monti,  il viceministro dell’economia Grilli era in Cina. Dopo aver incontrato il Presidente della Banca centrale cinese, ha avuto un colloquio con Gao Xing Qing, futuro numero uno del fondo sovrano China investment corporation (Cic), durante il quale, dopo aver illustrato e lodato le riforme intraprese in Italia dal Governo, sollecitando l’acquisto dei nostri Btp, si è sentito rispondere, senza giri di parole, che la Cina non intende investire in titoli di Stato periferici e poco liquidi dell'eurozona, ma preferisce le attività produttive, quelle legate al tessuto industriale, le partecipazioni azionarie in società dell’energia e della tecnologia verde. In ogni caso, per il momento attendono l’esito delle elezioni presidenziali francesi prima di agire.
Il China investment corporation con 332 miliardi di dollari è il più grosso dei quattro fondi sovrani cinesi e possiede una partecipazione azionaria in Morgan Stanley che a sua volta controlla due delle tre maggiori agenzie di rating: Standard & Poor’s e Moody’s.

Neanche tanto velate le intenzioni dei cinesi, decisi a entrare in Eni, Enel, Finmeccanica e nei migliori assets dell'economia italiana.
A privatizzazioni concluse, quando lo Stato, già privo della sovranità monetaria, sarà ridotto a una scatola vuota, ci saranno le elezioni.
                                                      Enzo Picard